Vengo da una conferenza sull’internazionalizzazione di studi di architettura e imprese… Tema apparentemente noioso, terribilmente noioso.
Ma l’argomento clou mi ha sorpresa: il Made in Italy.
Sostengono che il Made in Italy viaggi nel mondo grazie agli architetti che lavorano all’estero. Tipo Fuksas.
Ma, mi chiedo, Fuksas ci rappresenta sul serio? O forse sarebbe meglio saltare la sua generazione di progettisti, salvo alcune sane eccezioni, e pensare a coloro che giovani sono sul serio?
Oggi Fuksas ed i suoi simili appartengono ancora ai ‘giovani’ architetti. Questa è l’Italia. Ma allora i quarantenni cosa sono?
Si parla di internazionalizzazione, ottenibile illustrando le migliori esperienze progettuali. A sostenere l’Italian Style.
Ma quale? Quello della corruzione e dei progetti fatti di tanti bei fumetti? L’Italian Style di quella Nuvola che nè sta in piedi nè mai finirà?
Forse l’industria italiana all’estero conta su una certa ignoranza che fa si che nell’immaginario collettivo siamo ancora considerati i mejio??
È sufficiente fare fuffa? Non sarebbe il caso di dimostrare che sappiamo anche essere seri?
Certamente quei giovani architetti non servono all’uopo, sarebbe piuttosto più utile stimolare.incentivare.aiutare quegli architetti che giovani lo sono per davvero e che progettare lo sanno fare altrettanto per davvero.
Oppure, tanto vale lasciare spazio a turchi e cinesi che sono oramai alle porte.
| Pensieri sparsi di un’architetto confuso|