…in Italia fossero cambiate le regole del gioco?
Ma davero davero pensava che l’appalti de Milano fossero regolari?
No, ad esser sincera non ci credevo.
Ma, in fondo, neanche me lo chiedevo più di tanto. Preferivo non sapere.
O meglio, preferivo non avere conferme.
Era da almeno tre anni, forse quattro, che sentivo parlare dell’inutilità di partecipare alle gare per i progetti o i lavori dell’Expo milanese.
Ma volevo credere che le voci giungessero dagli invidiosi. Da tutti coloro che, per mancanza di bravura, erano stati esclusi.
Già… la bravura…
Come se servisse a qualcosa essere bravi.
In Italia poi.
Nel mondo degli architetti e degli appalti poi.
Figuriamoci.
Ed ora eccoci qua. In fondo tutti sapevamo.
E, in fondo, ci pareva che fosse quasi normale.
Qualcuno, parlando dell’impresa coinvolta nei fattacci, ha commentato ‘Poveraccio‘. Facendomi riflettere sull’eventualità che quel signore vicentino non avesse scelta, che magari, pur di non soccombere, credesse di dover sottostare a quelle regole balorde.
Ma poi penso all’impresa che pare sia riuscita a presentare – in una gara per L’Aquila – l’offerta economica dopo l’apertura delle offerte degli altri partecipanti, grazie ad un membro della commissione giudicatrice molto connivente.
E mi dico che, no, in Italia certi usi e costumi non cambieranno mai.
Ci evolveremo e diventeremo sempre più sofisticati nella promozione dell’illegalità.
Dei veri professionisti dell’illecito.
Perché in questo sì che serve essere bravi.